Intervista a Giovanni Maria Accame, Presidente onorario della “Fondazione Lucio Saffaro” di Bologna.

a cura di Gisella Vismara.

 

G. V.: Anzitutto, inizierei con il domandarle come nasca la Fondazione Lucio Saffaro e quali siano stati gli obiettivi e le finalità che vi siete prefissati di raggiungere con la sua istituzione?

G. M. A.: Lucio Saffaro depositò presso un notaio le sue volontà da adempiersi in caso di morte, indicando, quali esecutori testamentari, il Prof. Avvocato Federico Carpi e il sottoscritto, affinché provvedessimo a costituire un archivio o una fondazione per non disperdere il rilevante complesso dei suoi lavori. L’artista non aveva eredi e quindi, giustamente, si preoccupò del destino di quanto costituiva il frutto di una vita interamente dedicata ai suoi interessi artistici e letterari. Previde anche, nell’indicare due amici, l’utilità di due culture: una legislativa e una specifica per l’arte. E’ così che accettammo di aderire alla volontà di Saffaro. Devo dire, per quanto mi riguarda, che solo dopo molto tempo mi sono reso conto dell’enorme impegno assunto e della responsabilità morale verso un artista amico che, per agli aspetti culturali, mi lasciava responsabile del suo lavoro. Non si deve dimenticare, a questo proposito, come Saffaro sia stato pittore, scrittore e matematico, con l’evidente difficoltà di competenze che ciò comporta.

A un anno dalla morte dell’artista, avvenuta nel 1998, assolte tutte le prescrizioni di legge, fu istituita ufficialmente la Fondazione Lucio Saffaro. Nel consiglio di amministrazione, oltre ai due curatori testamentari indicati dall’artista, figurano un rappresentante dell’Università e un rappresentante del Comune di Bologna, oltre al direttore del Civico Museo Revoltella di Trieste, città natale di Saffaro. Attualmente il consiglio è composto dal Prof. Fabio Roversi Monaco, in qualità di Presidente onorario, dal Prof. Federico Carpi, dal Dott. Mauro Felicori, dalla Dott.sa Maria Masau Dan e dal sottoscritto quale Presidente; l’Avvocato Astrid Merlini è segretario generale.

Naturalmente la Fondazione, oltre alla catalogazione e conservazione delle opere, si prefigge una loro ulteriore valorizzazione culturale, la promozione di mostre e pubblicazioni relative ai diversi lavori di Saffaro ma, anche, non strettamente a lui connesse, purché ovviamente riferite ad artisti o problematiche dell’arte. Tutto questo negli stretti limiti economici entro i quali la Fondazione si deve muovere, non disponendo di quelle ingenti sostanze che si è soliti pensare siano fornite le fondazioni.

G. V.: Di quale patrimonio artistico dispone attualmente la Fondazione? Oltre alle opere pittoriche e grafiche, possedete altri tipi di documenti, per esempio, corrispondenza personale, scritti dell’artista, fotografie, etc..?

G. M. A.: La Fondazione possiede quarantacinque quadri ad olio: ventuno appartenenti ad un primo periodo che si può dire esaurito nel 1962, gli altri ventiquattro, a partire dal 1963, indirizzati a quelle spazialità rarefatte entro cui appariranno presto i poliedri, figure che rappresentano uno dei temi salienti della sua esperienza artistica e originale ricerca matematica. Circa settecento sono i disegni firmati e catalogati, un centinaio di litografie originali, tutte firmate e numerate, delle cui tirature sono rimaste complessivamente diverse centinaia di copie. Vi sono poi diciannove piccole acqueforti, risalenti prevalentemente agli anni cinquanta, alcune di queste sono conservate in più di una copia. Naturalmente sono stati trovati anche disegni non firmati e non numerati dall’artista, il quale era solito numerarli sul retro del foglio, convalida, questa, ancora più significativa della firma che non sempre troviamo. Ci sono anche alcuni lavori anomali, il più singolare di questi, decisamente concettuale, è costituito da una serie di scatolette uguali, ciascuna contiene un centinaio di biglietti appositamente ritagliati e ordinati, su ogni biglietto si trova una parola scritta a macchina. Molti sono poi gli studi, diversi i taccuini che comprendono disegni. Innumerevoli i quaderni con ipotesi matematiche e relative visualizzazioni grafiche. Varie decine di modelli di poliedri realizzati in cartoncino, utili per verificare dal vero le teorie e i calcoli sulle sue figure preferite.

Per quanto riguarda il versante letterario, oltre ai testi pubblicati, che sono più di cinquanta, Saffaro ha lasciato una quantità di manoscritti e dattiloscritti inediti che, dopo una prima verifica, occupano ora quattordici grossi contenitori. Tra queste carte vi sono due libri in avanzato stadio di definizione che saranno pubblicati in un prossimo futuro. Alcuni inediti stanno comunque per apparire in occasioni diverse: nel catalogo di una mostra a Milano e su un prossimo numero di una qualificata rivista letteraria, ma penso potremo parlarne meglio in seguito.

Oltre a tutto questo, per rispondere in modo completo alla domanda, abbiamo decine di quaderni e fascicoli con studi matematici, che si aggiungono ai molti saggi e articoli pubblicati su riviste. Poi lettere di studiosi, critici, scrittori, con i quali Saffaro era in contatto, in Italia e all’estero, per esempio Panofsky e Ricoeur. Una discreta documentazione fotografica, ora parzialmente anche in digitale, sulle sue opere e su alcune mostre come quelle alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna del 1986 e a Palazzo Agostinelli di Bassano del Grappa del 1991. Notevole anche la documentazione, sempre con diapositive, sulle elaborazioni di poliedri complessi svolte con i calcolatori dell’ENEA. Molte sono poi le diapositive sull’arte antica, che utilizzava nelle tante conferenze che gli erano richieste da circoli culturali, università, licei. Il materiale è tantissimo; devo dire che nonostante conoscessi bene Lucio e sapessi della sua dedizione a quanto lo appassionava, sono egualmente rimasto impressionato dalle migliaia di lavori.

Oltre a tutto quanto enumerato prima, vi sono diverse versioni progressivamente affinate dei testi inediti, per qualche migliaio di fogli e poi saggi su argomenti vari, come quelli su Dürer, su Dante, su Virgilio, gli studi di numerologia, quelli di matematica, per non dire di altri interessi ancora, in particolare quello, estremamente intenso, per la musica, Bach su tutti, che studiava ed eseguiva al pianoforte.

G. V.: Ci può dire, brevemente, chi fosse Lucio Saffaro? Come hanno convissuto le sue diverse anime, quella artistica e quella scientifica e, a questo proposito, è vero che Saffaro era laureato in matematica o fisica?

G. M. A.: Saffaro si laureò in fisica pura all’Università di Bologna. Un’esigenza di conoscenze scientifiche che sentiva come indispensabili alla sua formazione, nonostante prevalessero gli interessi artistici e letterari. Una caratteristica questa, di accostare sapere artistico e scientifico, che è indicativo dei suoi forti legami con l’arte del passato, elaborata poi in una proiezione contemporanea. I suoi studi di matematica e, in particolare, le sue ricerche e definizioni di nuove classi di poliedri, si sono sempre mosse con una parallela attenzione estetica. Idea matematica e qualità formale della sua elaborazione sono una costante in Saffaro.

Come persona, dietro il suo aspetto diligentemente borghese e la sua rara cortesia, certamente difensiva nei confronti del mondo, era molto più singolare e imprevedibile di quanto potesse immaginare chi non rientrava nelle non molte persone che veramente lo conoscevano. Affabile e disponibile, aveva una vasta cerchia di conoscenze ma, come ho potuto io stesso verificare, solo dopo anni di frequentazione e stima, iniziava ad aprirsi e confidarsi. Rigoroso nel lavoro, era più disponibile di quanto non apparisse, a fare eccezioni nella vita. Non a caso ha scritto: "lascia che l'estro indefinito dell'invenzione raccolga il raggio della stravaganza". Non era per niente un conservatore e aveva molti interessi e curiosità sull’evoluzione del sapere scientifico e tecnologico, anche non direttamente collegabili alle sue ricerche. Al contrario, mitigava i giudizi sull’arte contemporanea e il suo sistema, che erano invece severissimi e visti in un’ottica tutta sua.

Ho avuto già occasione di scrivere che, molti temi e soggetti delle sue opere pittoriche e letterarie, apparentemente avvolti in un’atmosfera astratta e quasi metafisica, hanno riscontri concreti in situazioni reali del suo vivere quotidiano. Certo dipende, come per chiunque, con quale occhio si guarda ciò che ci circonda; nel caso di Saffaro tutto era visto nella cosciente impossibilità, ma ostinata volontà di inseguire la "lontana perfezione dell'eternità".

G. V.: Dalla morte dell’artista, cioè dal 1998, o meglio, forse, dalla nascita di questa Istituzione di cui lei è Presidente, quali sono le attività culturali portate avanti e promosse dalla Fondazione a lui titolata? In proposito, mi pare di aver letto e lo accennava lei prima, ci sarà, a Milano, una mostra dedicata a Saffaro e promossa proprio dalla Fondazione...

G. M. A.: Il primo consiglio di amministrazione della Fondazione si tenne nel marzo del 2000. Per ragioni che qui è superfluo raccontare ci si trovò di fronte ad un appartamento con oltre un centinaio di scatoloni da trasloco pieni di documenti, circa duecento imballaggi con quadri, grafica incorniciata e cartelle di fogli con altri disegni, studi e litografie. Moltissimi altri oggetti d’arredo, molti dei quali ancora dei suoi genitori e carte, varie di interesse documentario per l’artista. Sono stati necessari alcuni anni per schedare con certezza i dipinti, i disegni, le litografie e fare un primo inventario dei manoscritti, dopo aver distinto tra inediti e già pubblicati. Senza sapere di quali opere e documenti disponevamo era impossibile attivare alcun progetto. In ogni modo, tralasciando alcuni fatti minori, nel 2000 a cura del Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Bologna, è stata allestita, all’interno della Biblioteca universitaria, un’esposizione con opere di Escher e Saffaro. Nel 2004 al Museo di Palazzo Poggi, sempre dell’Università di Bologna, si è tenuta una mostra antologica con un esauriente catalogo, comprensivo di antologia critica e apparati, oltre a diversi saggi critici redatti per l’occasione da Barilli, Emmer, Tega e il sottoscritto. Sempre nello stesso anno, Angela Madesani ha inserito Saffaro nella mostra Il disegno italiano dal 1945 al 1975, da lei curata per la Fondazione Bandera di Busto Arsizio. Nel 2006 Giorgio Celli ha richiesto un’opera per la mostra L’alchimia dei quattro elementi, allestita nella Chiesa di S. Apollinare a S. Giovanni in Persiceto. Lo scorso anno è stato Cerritelli a includere Saffaro nella grande mostra Pittura aniconica alla Casa del Mantenga di Mantova. Promosso dalla Fondazione è stato anche il volume antologico Parola d’artista, pubblicato con l’editore Charta di Milano. Un volume che raccoglie scritti di trentacinque artisti italiani tra il 1960 e il 2006; è stato molto apprezzato, in particolare da biblioteche universitarie e istituzioni per l’arte che ci hanno scritto per farcene richiesta. Per il 2009, nei mesi di maggio e giugno, presso la Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, è allestita la mostra Lucio Saffaro. Opere grafiche 1952-1991. La mostra è corredata da un catalogo che comprende il testo, inedito, di una conferenza di Argan sui disegni del Tractatus, esposti alla Calcografia Nazionale di Roma nel 1970; vi sono poi due scritti, sempre inediti, di Saffaro, oltre a un saggio di Claudio Cerritelli e a una mia breve introduzione. Entro l’anno saranno pubblicati ulteriori inediti su una delle più affermate riviste di ricerca letteraria, “Anterem”, diretta da Flavio Ermini. Sono poi in preparazione, per essere pubblicati prossimamente, un lungo testo di Saffaro, terminato un anno prima della morte, rivisto e corretto dall’autore quasi completamente e un volume che raccoglierà una scelta di miei saggi monografici su singoli artisti a partire dagli anni ottanta, tra questi, per citarne alcuni, Aricò, Consagra, Pardi, Pomodoro, Sanfilippo, Scanavino, Somaini, Uncini, Varisco, Verna e naturalmente Saffaro.

G. V.: Visto l’ingente patrimonio posseduto dalla Fondazione Saffaro, immagino starete pensando anche alla redazione di un catalogo generale sull’opera grafica e pittorica dell’artista. Se questo progetto esiste, come pensate di muovervi nel riordino e nella pubblicazione di tale “corpus” saffariano?

G. M. A.: E’ naturalmente un problema che mi sono posto. Il catalogo generale delle opere si presenta molto problematico, non per la quantità delle tele dipinte, inusitatamente limitata, ma per l’attuale collocazione sconosciuta di molti quadri e per la relativa mancanza di riproduzioni utilizzabili di queste opere. Anche per i disegni, di fondamentale importanza per un artista come Saffaro, sebbene la Fondazione ne possieda circa settecento, so che l’artista ne ha eseguiti almeno duemila. Una tesi di laurea specifica, eseguita negli anni ottanta da una mia allieva, e alcuni appunti di schedature lasciate da Saffaro, lo confermano. Recuperare informazioni e riproduzioni su tutte queste opere non sarà facile, anzi, in buona parte impossibile. Un motivo rilevante di questa difficoltà, per come è strutturato oggi il mondo dell’arte, è la non presenza di Saffaro sul mercato e, dunque, la mancanza di un riferimento immediato sul valore economico delle sue opere. Purtroppo l’economia dell’arte, che è sempre esistita ed ha una sua lecita positività, ha sostituito ogni altro strumento di comunicazione, di ricerca, di informazione. E’ veramente difficile, per quei valori dell’arte che non sono monetizzabili, trovare un circuito di interesse e di studio e, quindi, anche di sostegno economico.

In ogni modo, catalogo generale o volume monografico ampiamente documentato, è nelle risoluzioni che saranno decise entro breve tempo. Un problema affine riguarda tutti gli scritti letterari, quelli editi, oggi introvabili e, come ho già accennato, i tantissimi inediti. Anche qui vorrei arrivare a delle raccolte esaurienti di quanto ha scritto Saffaro, un’attività assolutamente non secondaria a quella pittorica, con il vantaggio di non avere problemi di reperibilità e di mercato.

G. V.: Chi volesse conoscere il patrimonio artistico della Fondazione Saffaro o avere notizie sull’artista e la sua attività, come dovrebbe muoversi? Mi sembra di aver capito che presto sarà attivo anche un sito della Fondazione...

G. M. A.: Sì, è in preparazione un sito dove si potranno avere notizie e riferimenti, oltre a visionare una scelta di dipinti e disegni. Il sito dovrebbe essere utile anche per contatti finalizzati all’avvio del catalogo generale delle opere che, come ho appena detto, sarà impresa particolarmente difficile. Ovviamente, la Fondazione è disponibile a fornire informazioni a studiosi, studenti o collezionisti che ne facciano direttamente richiesta. I recapiti della Fondazione sono in calce a questa intervista. Presso il Museo di Palazzo Poggi a Bologna, quando non siano allestite mostre particolari, è sempre possibile vedere un gruppo di opere esposte nel contesto del museo stesso.

G. V.: Oltre al Museo Universitario di Palazzo Poggi a Bologna, ci sono Musei privati o pubblici o anche Istituzioni culturali che possiedono, ad oggi, opere di Lucio Saffaro?

G. M. A.: Per primo vorrei segnalare il Dipartimento di Matematica dell’Università di Bologna al quale, dopo la mostra prima ricordata, sono andati i modellini di studio sui poliedri realizzati da Saffaro e parte della documentazione di carattere matematico. All’interno del sito del Dipartimento è poi possibile trovare un archivio dedicato all’artista. Come si è detto, tutte le opere della Fondazione sono in affidamento al Museo di Palazzo Poggi. Un dipinto è nella collezione della Galleria d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia, un altro è al MAMbo di Bologna, un altro ancora è nelle collezioni del Comune di Trieste. Per citare i più significativi e anche quelli che in questo momento ricordo.

G. V.: Ho letto che di Lucio Saffaro si sono occupati i più autorevoli critici e storici dell’arte italiani; mi incuriosisce, però, il fatto che la sua ricerca abbia sempre suscitato un notevole interesse anche da parte di quella critica poeticamente e concettualmente distante dal pensiero di Saffaro, ricordo, per esempio, la profonda stima dimostrata, in più occasioni, da Francesco Arcangeli...

G. M. A.: Arcangeli, nel pieno delle sue passioni informali per artisti come Moreni, Morlotti e Mandelli, procurò a Saffaro l’occasione della prima personale nel 1962, presentandogli la mostra in una galleria allora prestigiosa, L’Obelisco di Roma. Proseguì sempre a interessarsi del suo lavoro, fino a un’ulteriore presentazione nel ’72, quando le tele dell’artista erano già da tempo dominate dalla presenza enigmatica di poliedri.

Anche Calvesi iniziò ad interessarsi a Saffaro in anni in cui scriveva su Kounellis, Pascali, Ceroli, il minimalismo e proprio a questo accostò le figure dipinte dell’artista alle strutture primarie, in un articolo su “Cartabianca”, nel maggio del 1968. Nel ’70 gli presentò una mostra, ancora all’Obelisco, lo stesso anno che gli presentai anch’io una mostra alla Galleria Bertesca di Genova. Calvesi ha dimostrato, in seguito, un duraturo interesse con altri scritti, una conferenza e con l’invito alla Biennale di Venezia di cui era curatore.

Anche Quintavalle e ancor più Filiberto Menna, hanno avuto diverse occasioni di interesse per Saffaro; la mia stessa considerazione e vicinanza, uscivano in realtà da quanto andavano facendo gli artisti che maggiormente seguivo. Più affine l’attenzione sempre dimostrata da Argan. Ma Saffaro era un artista particolare per tutti, dalla poetica differente, fuori dalle consuete categorie dell’arte e, dunque, per i tanti e autorevoli critici che si sono occupati di lui, ha sempre costituito un’esplorazione in un territorio inconsueto e discordante con le altre esperienze contemporanee di cui è e rimarrà un’interfaccia valida e seducente.

 

(L'intervista è stata pubblicata su META parole&immagini, n.30, 2009)